In Memory of Sigmund Freud
Il poeta inglese Wystan Hugh Auden scrisse questo testo in occasione della morte di Sigmund Freud. Aveva conosciuto il padre della psicoanalisi a Londra dove Freud era riparato per un breve esilio dall'orrore nazista prima di morire.
Lo considero toccante ed anche acuto, in accordo con quello che più volte Freud scrisse dei poeti, ovvero che vedono prima e più lontano di ogni scienziato, compreso l'analista.
Traduzione di Manuela Colombo
When there are so many we shall have to mourn,
when grief has been made so public, and exposed
to the critique of a whole epoch
the frailty of our conscience and anguish,
of whom shall we speak? For every day they die
among us, those who were doing us some good,
who knew it was never enough but
hoped to improve a little by living.
Such was this doctor: still at eighty he wished
to think of our life from whose unruliness
so many plausible young futures
with threats or flattery ask obedience,
but his wish was denied him: he closed his eyes
upon that last picture, common to us all,
of problems like relatives gathered
puzzled and jealous about our dying.
For about him till the very end were still
those he had studied, the fauna of the night,
and shades that still waited to enter
the bright circle of his recognition
turned elsewhere with their disappointment as he
was taken away from his life interest
to go back to the earth in London,
an important Jew who died in exile.
Only Hate was happy, hoping to augment
his practice now, and his dingy clientele
who think they can be cured by killing
and covering the garden with ashes.
They are still alive, but in a world he changed
simply by looking back with no false regrets;
all he did was to remember
like the old and be honest like children.
He wasn't clever at all: he merely told
the unhappy Present to recite the Past
like a poetry lesson till sooner
or later it faltered at the line where
long ago the accusations had begun,
and suddenly knew by whom it had been judged,
how rich life had been and how silly,
and was life-forgiven and more humble,
able to approach the Future as a friend
without a wardrobe of excuses, without
a set mask of rectitude or an
embarrassing over-familiar gesture.
No wonder the ancient cultures of conceit
in his technique of unsettlement foresaw
the fall of princes, the collapse of
their lucrative patterns of frustration:
if he succeeded, why, the Generalised Life
would become impossible, the monolith
of State be broken and prevented
the co-operation of avengers.
Of course they called on God, but he went his way
down among the lost people like Dante, down
to the stinking fosse where the injured
lead the ugly life of the rejected,
and showed us what evil is, not, as we thought,
deeds that must be punished, but our lack of faith,
our dishonest mood of denial,
the concupiscence of the oppressor.
If some traces of the autocratic pose,
the paternal strictness he distrusted, still
clung to his utterance and features,
it was a protective coloration
for one who'd lived among enemies so long:
if often he was wrong and, at times, absurd,
to us he is no more a person
now but a whole climate of opinion
under whom we conduct our different lives:
Like weather he can only hinder or help,
the proud can still be proud but find it
a little harder, the tyrant tries to
make do with him but doesn't care for him much:
he quietly surrounds all our habits of growth
and extends, till the tired in even
the remotest miserable duchy
have felt the change in their bones and are cheered
till the child, unlucky in his little State,
some hearth where freedom is excluded,
a hive whose honey is fear and worry,
feels calmer now and somehow assured of escape,
while, as they lie in the grass of our neglect,
so many long-forgotten objects
revealed by his undiscouraged shining
are returned to us and made precious again;
games we had thought we must drop as we grew up,
little noises we dared not laugh at,
faces we made when no one was looking.
But he wishes us more than this. To be free
is often to be lonely. He would unite
the unequal moieties fractured
by our own well-meaning sense of justice,
would restore to the larger the wit and will
the smaller possesses but can only use
for arid disputes, would give back to
the son the mother's richness of feeling:
but he would have us remember most of all
to be enthusiastic over the night,
not only for the sense of wonder
it alone has to offer, but also
because it needs our love. With large sad eyes
its delectable creatures look up and beg
us dumbly to ask them to follow:
they are exiles who long for the future
that lives in our power, they too would rejoice
if allowed to serve enlightenment like him,
even to bear our cry of 'Judas',
as he did and all must bear who serve it.
One rational voice is dumb. Over his grave
the household of Impulse mourns one dearly loved:
sad is Eros, builder of cities,
and weeping anarchic Aphrodite.
Traduzione di Menuale Colombo https://lyricstranslate.com/it/memory-sigmund-freud-memoria-di-sigmund-freud.html
In memoria di Sigmund Freud
Quando ne avremo tanti e tanti da piangere, quando
il dolore sarà diventato comune a tutti, e la fragilità
e l'angoscia della nostra coscienza saranno esposte
alla critica di un'epoca intera
di chi avremo voglia di parlare? Perché muoiono fra noi,
giorno dopo giorno, quelli facevano qualcosa di buono per noi,
pur sapendo che non sarebbe mai bastato,
speravano di migliorare qualcosa, vivendo.
Così questo dottore: a ottant'anni voleva ancora
pensare alla nostra vita, alla cui sregolatezza
tanti che sembrano i giovani del futuro,
chiedono obbedienza, con lusinghe o minacce,
ma quel che desiderava gli fu negato: chiuse gli occhi
sull'ultimo quadro, comune a tutti noi, un quadro
di problemi che si affollano come parenti
confusi e gelosi per il nostro morire.
Perché intorno a lui c'erano ancora, fino all'ultimo istante,
quelli che aveva studiato, la fauna della notte,
e le ombre ancora in attesa di entrare
nel cerchio luminoso del suo riconoscimento
si volsero altrove con la loro amarezza quando
fu portato via dalla passione della sua vita
per rendere alla terra, a Londra,
un ebreo importante che era morto in esilio.
Solo l'Odio era felice, sperando di incrementare
la sua attività, e la sua squallida clientela
che crede di potersi guarire uccidendo
e coprendo di ceneri i giardini.
Gente ancora viva, ma in un mondo che lui ha cambiato
semplicemente volgendosi indietro senza falsi rimpianti;
non ha fatto altro che essere onesto
come un bambino e ricordare come un vecchio.
Non lo fece con astuzia: disse semplicemente
al Presente infelice di recitare il Passato
come una lezione di poesia finché prima o poi
non fosse inciampato in quel verso: là dove
erano cominciate le accuse, tanto tempo fa,
e d'un tratto avrebbe saputo da chi era stato giudicato,
e come la sua vita era stata ricca e sciocca,
e sarebbe stato umilmente perdonato dalla vita,
avrebbe saputo avvicinarsi al Futuro da amico
senza un intero guardaroba di scuse, senza
una maschera di rettitudine oppure
imbarazzanti gesti troppo familiari.
Nessuna meraviglia che le vecchie culture della presunzione
avessero previsto nella sua tecnica dell'inquietante
la caduta dei prìncipi, il collasso
dei loro lucrosi schemi di frustrazione:
se ci fosse riuscito, allora la Vita Ordinata
sarebbe diventata impossibile, il monolita dello Stato
si sarebbe spezzato e si sarebbe impedita
l'associazione dei vendicatori.
Certo si appellarono a Dio, ma Freud continuò a scendere
per la sua strada, come Dante, fra la Perduta Gente,
fino alla fossa fetente dove i disgraziati
vivono la brutta vita dei reietti,
e ci mostrò cosa sia il male, non fatti, come credevamo,
che devono essere puniti, ma la nostra mancanza di fede,
la nostra tendenza disonesta a negare,
la concupiscenza dell'oppressore.
E se qualche traccia della posa autocratica,
della paterna severità di cui diffidava, ancora
restavano attaccate alle sue parole e a i suoi lineamenti,
era una mano di vernice protettiva
per uno che per tanto tempo aveva vissuto fra nemici:
se spesso sbagliò e fu assurdo qualche volta,
per noi lui non è più un singolo individuo,
ma un intero clima di opinione.
nel quale passiamo le nostre vite diverse:
come il tempo Freud può solo ostacolarci o aiutarci,
chi è orgoglioso può essere anroa orgoglioso, però
gli riesce meno facile, il tiranno tenta
di sistemarlo ma non gliene importa tanto:
Freud circonda senza rumore ogni nostro modo di crescere
e si estende, finché l'uomo stanco, per quanto lontano sia
anche nella più remota miserabile contea,
non si rincuora e sente nuovo sangue nelle sue vene,
finché il bambino, sfortunato nel suo piccolo Stato,
un focolare dove la libertà non ha accesso,
un alveare il cui miele è allarme e paura,
si calma rassicurato sull'esistenza di una via di fuga,
mentre trante cose abbandonate da così tanto tempo
sul prato della nostra negligenza,
rivelati dalla sua luce sempre coraggiosa
sono tornate a noi e tornano preziose;
giochi che credemmo di dover gettare per crescere,
piccoli rumori di cui non osavamo ridere,
smorfie che facevamo quando nessuno ci guardava.
Ma lui ci augura qualcosa di più. Essere liberi
vuol dire spesso esser soli. Freud voleva unire
le metà disuguali fratturate dal nostro
benintenzionato senso di giustizia,
voleva ridare alla più grande lo spirito e la volontà
che la più piccola possiede ma può usare soltanto
per aride dispute, voleva ridare al figlio
la ricchezza di sentimento della madre:
ma più di tutto voleva ricordarci
di essere entusiasti della notte,
non solo per il senso di meraviglia
che lei sola sa offrire, ma anche
perché lei ha bisogno del nostro amore. Con grandi occhi tristi
le sue amabili creature guardano verso l'alto e mute
ci pregano di invitarle a venire con noi:
sono esuli che si struggono per il futuro
che è nelle nostre mani, anche loro gioirebbero
se fossero ammesse a servire come lui la luce,
anche a sopportare il nostro grido "Giuda!",
come ha fatto lui e come deve fare chi la serve.
Una voce della ragione è muta. Sulla sua tomba
la casata dell'impulso piange la morte di chi ha tanto amato:
è triste Eros, costruttore di città,
e sta piangendo l'anarchica Afrodite.