Complessi familiari e famiglie complesse

15.05.2021

intervento letto alla Giornata Nazionale del Forum Lacaniano in Italia del 15/5/2021

"Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia"

William Shakespeare

"Essere psicoanalisti è semplicemente aprire gli occhi sull'evidenza che non c'è nulla di più incasinato della realtà umana. (...) L'analisi è accorgersi di questo, e tenerne conto."

(J. Lacan)" Il seminario - Libro III Le psicosi 1955 - 1956

La frase dell'Amleto celebre e veritiera mi fa sempre pensare al concetto di reale lacaniano, ovvero di quel magma senza legge che ci sta davanti agli occhi tutto il tempo e che sempre cerchiamo di ricondurre - attraverso il pensiero - ad uno schema, una prevedibilità normativa , dimenticando volentieri che il pensiero è solo uno strumento che l'uomo fabbrica per - tentare - di dare un senso al caos

Lo stesso caos che è presentificato nella attualità dalla proliferazione di forme inedite di famiglie dalla configurazione sempre più variabile. Queste mutazioni delle forme nelle quali si esplicano i legami familiari - sotto la pressione dell'egemonia della tecnoscienza e di concordanti tendenze macroeconomiche - appare ad alcuni come una manifestazione di decadenza, di perdita di senso, di degradazione della forma famiglia tradizionale / edipica, degenerazione foriera di conseguenze nefaste le più varie.

Famiglie monogenitoriali, famiglie ricomposte a partire da pezzi di precedenti unioni, complessi di adulti che si raccolgono intorno alla cura e crescita di bambini; famiglie omosessuali; famiglie generate attraverso processi di riproduzione artificiali ed inediti, ecc.

Certo queste mutazioni in materia di famiglia non si producono in maniera né netta né in un momento definito. Si tratta piuttosto - come tutti i fenomeni macrosociali - di cambiamenti che implicano variazioni impercettibili del costume e della sensibilità, scivolamenti silenziosi e continui, movimenti sotterranei e notturni che hanno però l'effetto che oggi ci appaiono normali ed accettabili consuetudini che fino a qualche anno fa avremmo condannato o osservato inorriditi.

Resta la sensazione che la psicoanalisi sia ancora indietro nella comprensione delle particolarità di questo mondo. La posizione della psicoanalisi resta comunque quella dell'ascolto della singola storia del singolo soggetto. Non quella della critica sociale o della custode di valori a rischio di estinzione, o di avvallarne l'esistenza. Certo, anche l'analista ha le sue opinioni e i suoi pregiudizi, anche lui soffre come tutti di rigidità immaginarie, di invischiamenti nella tradizione, incrostazioni culturali, fissazioni affettive: insomma patisce dei pregiudizi e spesso come direbbe Freud pensa con la memoria. E tuttavia occorre tenere a mente che quando questi pregiudizi appaiono nel suo ragionare egli cessa di ragionare da analista.

La famiglia appare all'orecchio dell'analista, nelle parole dell'analizzando, come un intreccio di racconti, in prima persona o per sentito dire, elaborati dal soggetto analizzante od estratti dai detti delle persone significative e che lui ha trattenuto.

Da questo punto di vista la famiglia non ha perduto la sua attrattiva, neanche nel contemporaneo, essa resta (la letteratura lo testimonia) il luogo nel quale il soggetto cerca la sua verità, il luogo del suo destino.

La famiglia resta il luogo del radicamento, che ha luogo nel rapporto con le figure genitoriali o con coloro con cui ha intrattenuto un rapporto nei primi anni di vita, il luogo degli affetti profondi, della base più o meno sicura. Luogo di qualcosa che resterà più o meno lo stesso per sempre (o così si vorrebbe pensare..) luogo dell'appartenenza. La famiglia come luogo in cui si riceve un marchio, luogo della verità intima del soggetto.

Tuttavia se oggi qualcosa è cambiato è nel fatto che la composizione delle famiglie si è diversificata: sono cambiati i nomi che designano i membri di una famiglia (ex, compagno, amico, fratellastro, figliastro, figlio adottivo ecc.). Ma ci dobbiamo chiedere: sono cambiati i legami che stringono queste figure tra loro?

La contemporaneità si caratterizza per alcune tendenze di fondo rispetto alla forma tradizionale della famiglia. Ne cito alcuni

Ad esempio una de- giurisdizzazione del legame familiare per cui viene depotenziato il fatto che i legami familiari hanno - come in passato - un valore giuridico intrinseco, al pari di contratti commerciali, con effetti che superano la volontà attuale del soggetto e che si fanno sentire in maniera duratura, che investono gli assetti patrimoniali e generano diritti e doveri nei contraenti. Nel vecchio ordinamento la famiglia è sempre stata un elemento di stabilizzazione anche dei flussi finanziari e della trasmissione dei patrimoni.

Analoga questione per il lavoro. La famiglia - in Italia più che altrove a causa della debolezza dello stato e di scelte politiche precise- resta un fattore rilevante per l'accesso all'istruzione e ai lavori più retribuiti. E tuttavia è venuta meno la possibilità da parte della famiglia di determinare il futuro lavorativo occupazionale dei suoi membri più giovani, non potendo tramandare un mestiere ed essendo estromessa dai processi formativi.

Le famiglie di oggi hanno la tendenza a non conoscere il conflitto e neanche la diversità generazionale. Al punto che spesso si applica alla famiglia la definizione di comfort zone. Terreno della comodità, dell'agio. Questo sia per il venir progressivamente meno della forza e cogenza giuridica economica dei legami intergenerazionali che per il fondarsi su una impostazione permissiva dell'educazione, di un modello genitoriale non normativo, egualitario, vocato semmai alla benessere ed alla protezione dei bambini dai pericoli dell'Altro e dall'evitamento della perdita in ogni forma si possa presentare. Corollario di questo permissivismo è il fatto che non venga sostenuta alcuna proibizione o frustrazione inerente la sessualità, ma anzi la si fa oggetto di educazione liberale. Con effetti paradossali forse di inibizione sessuale: se è vero che la sessualità era una molla che spingeva a uscire a tutti i costi dalla famiglia mentre oggi i genitori accolgono nella famiglia la sessualità dei figli ed anche i loro partner.

Alcune delle configurazioni familiari contemporanee appaiono segnate da un tratto fantasmatico riconoscibili. Laura Pigozzi[1] parla delle famiglie monogenitoriali centrate prevalentemente sulla diade madre-bambino cui si aggiungono - di volta in volta - nuovi compagni/e della madre, fratellastri, zie acquisite, nonni posticci. Queste famiglie sarebbero caratterizzate da un legame claustrofilico in cui l'assenza dell'alterità, la presenza esclusiva di un genitore, quasi sempre la madre, costruisce un confine familiare che divide il mondo in un buono interno, luogo dell'intimità e della verità, contrapposto ad un esterno minaccioso, freddo, artificiale. All'interno di queste famiglie verrebbe promossa una versione biologista del legame rispetto a quello significante e socializzato, in una negazione del principio di esogamia e in una cancellazione del Nome del padre.

Paradossalmente sembrerebbe che venuto meno il padre tirannico e severo, il mondo si sia fatto piuttosto minaccioso. Dovremo pensare forse che se non ci si è fatti le ossa nella lotta contro l'autorità paterna non si hanno i muscoli per affrontare il mondo esterno?

Rispetto a questo scenario il contravveleno sarebbe la presenza di un elemento, di un principio, di alterità che si potrebbe configurare come il diritto del bambino ad avere più figure di riferimento invece della sola unica madre, Questa condizione sarebbe favorita implicitamente da una composizione plurale della famiglia . Tale pluralità di figure di accudimento o di legame sarebbe una condizione , ma non l'unica. Questo lascerebbe suggerire che le compagini familiari più articolate e complesse, come le famiglie ricomposte, godrebbero di un vantaggio famiglie monogenitoriali.

E tuttavia l'idea di famiglia costituisce comunque e sempre un richiamo forte per chiunque ricerchi la legittimazione, essa resta un ideale normalizzante, ancor più appetibile dato che i costi che comporta si sono ridotti, normalizzante sia nel in relazione ai percorsi evolutivi soggettivi, sia agli occhi dell'altro sociale. Si assiste così al fatto che tutti vogliono fare famiglia anche all'interno delle varie controculture più o meno trasgressive, fare famiglia non per promuovere il conformismo ai valori tradizionali ma per farsi accettare, godere di tutti i diritti.

Queste ed altre mutazioni familiari hanno luogo sullo sfondo di una profonda ridefinizione del campo della sessualità che investe i confini tra i sessi; gli assetti valoriali attribuiti ad ogni sesso; i rapporti tra sesso e procreazione; la possibilità di appartenere ad un sesso sulla base di una scelta volontaria e non sulla scorta dei una assegnazione sulla base dei caratteri somatici o genetici. (un esempio particolarmente vistoso di questi rivolgimenti è la moda metrosexual)

Resta da vedere se e come queste mutazioni sociali si traducono in variazioni del legame familiare e quali sono le loro evidenze cliniche.

Tra le molteplici funzioni che la famiglia assolve nella formazione del singolo e nel tessuto sociale la psicoanalisi ha sempre privilegiato quello della trasmissione tra una generazione e l'altra di ciò che determina le strutture inconsce costituenti il soggetto. Il passaggio di qualcosa che è al tempo stesso intimo ed enigmatico al soggetto, qualcosa da estrarre dalla storia familiare ed interpretare nelle sue conseguenze per il soggetto presente.

Certamente la famiglia svolge altre funzioni essenziali (come la qualità delle cure primarie), ma il punto di osservazione che la psicoanalisi ha sul parlessere privilegia la centralità della trasmissione intergenerazionale nella formazione delle strutture inconsce che costituiscono il soggetto adulto.

Qui si illustra l'antinomia propria al termine tedesco unheimlich, che designa proprio la compresenza di ciò che è familiare con ciò che è estraneo. Ovvero ciò che vi è di più intimo nella storia del soggetto, la presenza di un principio fondante, che è fissazione di godimento, e di cui per effetto della rimozione si è persa la memoria e non se ne sa niente, e che nel momento del ritorno ci appare estraneo perturbante: è il concetto di extimità proposto da Lacan.

Questo qualcosa, questo Altro, rappresenta una eredità che il soggetto sente di aver ricevuto dalla generazione che lo ha allevato; di volta in volta è qualcosa da cui liberarsi, da cui emanciparsi, oppure qualcosa in cui fondarsi, in una ricerca spasmodica di radici.

Rispetto al rischio di stereotipie cognitive, di nostalgie interpretative e frettolose chiusure rispetto alle novità sul versante della forma familiare ritengo che l'insegnamento di Lacan contenga alcuni antidoti/rimedi alle rigidità immaginarie del pensiero. Lacan ci propone alcuni strumenti concettuali che ci possono aiutare a pensare la realtà senza cadere nella nostalgia, nel pessimismo così come nella lettura acritica ed entusiastica di ciò che appare come nuovo.

Una delle cifre dell'insegnamento di Lacan è stata la de immaginarizzazione dei concetti fondamentali della psicoanalisi (evidente nella matematizzazione dei termini e successivamente nel ricorso alla topologia). Si vorrebbe comprendere i concetti fondamentali della psicoanalisi freudiana nella loro articolazione logica, depurati dalle incrostazioni immaginarie che inevitabilmente vi si accompagnano. È uno dei modi di Lacan di tornare a Freud.

Così il concetto di funzione paterna, centrale nell'elaborazione lacaniana degli anni '50, traduce ciò che è al cuore del complesso edipico, presiedendo alla rinuncia al godimento dell'oggetto materno per mezzo dell'assunzione dell'ideale paterno, in un crocevia di sublimazione ed identificazione.

Quello che nell'edipo di Freud è il divieto, divieto di godere della madre, divieto agito dal padre, e che è alla base dell'angoscia di castrazione, nella lezione di Lacan si converte nella soggettivazione di un significante che Lacan chiama Nome del Padre. Assunzione di un significante che apre la possibilità di un desiderio proprio nel momento in cui mette un limite ad un godimento della madre (e da parte della madre). In questa lettura lo sviluppo del desiderio è connesso all'assunzione di una legge simbolica che consente anche un legame con altri soggetti fratelli sotto la stessa legge.

Del resto l'elaborazione intorno al padre ha richiesto fin da Freud il ricorso alle risorse del mito e dell'epica (il padre dell'orda, il padre dell'edipo, Mosé), forse perché solo il registro mitologico riesce a dar conto di un annodamento. Il padre, infatti annoda in sé, nella sua figura, le dimensioni della limitazione del godimento, dell'amore e della legge: dimensioni eterogene che si coagulano intorno allo stesso sembiante.

Lacan nella prima fase del suo insegnamento a partire dai complessi familiari individua il padre soprattutto come una imago -sul versante immaginario e simbolico - che ha la funzione di confrontare il soggetto con la sua realtà (imago paterna); una immagine che ha una funzione ed una efficacia simbolica, consentendo, via identificazione ad essa, l'assunzione della castrazione e la separazione dalla madre.

Padre reale e padre simbolico sono quindi distinti. Il padre in carne ed ossa sostiene ed è supporto di una funzione che è essenzialmente simbolica. Eppure Lacan non si nasconde che il padre della realtà, quello di cui il soggetto ha esperienza nella vita quotidiana, è per struttura inadeguato ad assolvere il suo compito simbolico

"il padre è sempre, in qualche modo, un padre discordante nei confronti della sua funzione, un padre carente, un padre umiliato, direbbe Claudel. C'è sempre una discordanza estremamente netta tra ciò che è percepito dal soggetto sul piano del reale e la funzione simbolica. (Il mito individuale del nevrotico, a cura di A. Di Ciaccia, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1986, pp. 13-29]

E del resto quando il padre reale si prende troppo sul serio e si crede veramente l'incarnazione dell'ideale della legge, gli esiti sono disastrosi come ricorda Lacan a proposito del padre di Schreber

Dunque abbiamo un padre nella realtà ed uno sul piano simbolico, e queste posizioni sono discordanti tra di loro; né il simbolico ricopre completamente il padre reale. Di pari passo Lacan trova che il mito sofocleo non si accordi a quello dell'orda primitiva[2]. Il padre reale è l'agente della castrazione, la quale castrazione è effetto non della minaccia del padre ma effetto di alienazione nel linguaggio capace di uccidere la Cosa e effettuare la separazione del bambino dalla onnipotenza della mamma.

Lacan arriva nel seminario. IV° alla conclusione che se un padre introduce il figlio all'ordine del desiderio non può essere un padre morto e svuotato di godimento

"Vi è il padre simbolico. Vi è il padre reale. L'esperienza insegna che, nell'assunzione della funzione sessuale virile, è il padre reale che con la sua presenza gioca un ruolo essenziale. Perché il complesso di castrazione sia veramente vissuto dal soggetto, bisogna che il padre reale giochi veramente il gioco. Bisogna che assuma la sua funzione di padre castratore, la funzione di padre nella forma concreta, empirica, e stavo quasi per dire degenerata, pensando al personaggio del padre primordiale e alla forma tirannica e più o meno terrifica nella quale il mito freudiano ce lo ha presentato. È nella misura in cui il padre, così com'è, ricopre la sua funzione immaginaria in ciò che ha di empiricamente intollerabile, e persino di rivoltante quando fa sentire la sua incidenza come castrante, e unicamente sotto questa angolatura, che il complesso di castrazione viene vissuto." Il Seminario, Libro IV, La relazione d'oggetto, (1956-57), 364-365; it. pp. 367).

Fino al punto che la nozione di padre simbolico viene ricusata a favore di quella di Nome del Padre (cfr. Seminario XVIII "Di un discorso che non sarebbe che del sembiante" p. 20) laddove il padre non è che colui che serve la legge, e non colui che la enuncia.

Come conciliare allora legge trasmessa e posizione di godimento? Nell'ultima fase del suo insegnamento Lacan dà valore al carattere reale del padre.

Cosa si trasmette e che ci interessa come analisti? Non certo gli ideali, quanto piuttosto una particolare posizione di fronte al reale, direi uno stile, un modo di fare con il reale del godimento (di volta in volta fatto di rinuncia, limitazione, negazione, rilancio, promozione del desiderio, depressione ecc.)

Nel 1973 nel Seminario "Le non dupes errent" Lacan parlerà di pluralizzazione dei nomi del padre. Ovvero ribadirà come la funzione paterna in quanto legatura dei registri, proprio in quanto operatore di una articolazione logica, non è prerogativa del singolo maschile della coppia. Ovvero che sono possibili altri annodamento che non quello del padre edipico. Lacan quindi: cioè sposta l'attenzione dal padre singolare, dalla persona del padre verso ciò che fa funzione di padre. Ovvero la funzione del padre è attributo non di un ruolo - di chi ha la qualifica di padre, né dell'appartenenza ad uno dei due sessi - ma di chi svolge la funzione di padre. Ciò che caratterizza la funzione paterna di Lacan è possibilità che sia introdotta nel discorso e nel desiderio della madre una diversità, una alterità, e che tale alterità incida nel desiderio della madre. Ovvero occorre che "la madre imputi al padre simbolico la nascita del soggetto, distinguendolo così dall'individuo biologico, la cui nascita dipende dai genitori."[3] di modo che il soggetto possa trovare una risposta nel padre alla domanda di ciò che a lui manca. Va da sé che questa risposta - che punta al padre -non può che essere indicata dalla madre. Si può realizzare allora il passaggio dalla frustrazione (assenza di una completezza di godimento) alla castrazione come assunzione di una perdita di un oggetto simbolizzato.

Occorre dunque che ci sia un elemento simbolico significante - la diversità - ma che questo si agganci al desiderio della madre e faccia segno della sua (della madre) pulsione - elemento del reale.

Ne viene il suggerimento che la funzione paterna può essere soddisfatta anche da soggetti diversi dal padre reale, e può essere rinvenuta (la funzione) - ad esempio - anche in famiglie in cui un padre non c'è o non c'è un maschio.

Anche la clinica borromea imperniata sul concetto della preclusione generalizzata e sulla nozione di annodamento dei registri apre alla comprensione possibile di equilibri alternativi a quelli imperniati sul modello della nevrosi.

Corollario di questa prospettiva è l'abolizione della gerarchia dei tre registri (gerarchia sensibile nella fase cosiddetta strutturalista dell'insegnamento di Lacan[4]), per la considerazione di una possibilità di limitazione del godimento che non fa leva solo sulle possibilità del simbolico.

Ovvero Lacan ci invita a considerare le possibili supplenze che si organizzano intorno a rimaneggiamenti immaginari o su una concezione del potere della lettera, con il suo marchio di reale e sulla dimensione della scrittura più che della parola apportatrice di senso. Supplenze che vanno saggiate nella loro consistenza a partire dagli effetti nel reale a prescindere dalla loro genealogia simbolica.

Ricordo allora che il registro simbolico è organizzato per distinzioni concettuali alternative - dal momento che il significante si definisce rispetto ad altri significanti per differenza. La determinazione simbolica dell'inconscio che fa capo al fantasma e trova nella metafora paterna il suo archetipo prevede articolazioni tra significazioni contrapposte, strutture di senso nette definite e persistenti nel tempo.

L'immaginario procede invece per distinzioni continue, per sfumature quasi impercettibili, aloni, impressioni vaghe e inafferrabili.

Se in un primo tempo del suo insegnamento Lacan sottolinea come l'immaginario sia una dimensione del misconoscimento, dell'illusorio, che occorre attraversare per attingere le strutture simboliche che rappresentano la verità del soggetto in un percorso che va verso l'aldi là dell'immagine, successivamente si registra un viraggio: trova sempre più spazio l'idea di valorizzare non solo quanto del simbolico si produce nel soggetto (soggetto determinato da un simbolico), ma quanto il soggetto riesce a scrivere (incidere nel reale), lasciare una traccia che è segno di un atto del soggetto - anche se non produce un senso condivisibile e dialetizzabile.

Lo spostamento compiuto da Lacan abbandona la centralità del simbolico e delle sue risorse per puntare su una molteplicità di possibili convergenze ed equilibri, passando dal padre simbolico, morto, al padre reale. Lacan usa l'espressione "pere-version" (Lacan, J., R.S.I. (1974-1975), per dire che in fondo quello che un padre trasmette al figlio ha a che fare con l'invenzione - da parte del padre - di un modo di rispondere all'incidenza del reale. Rispetto a questa questione un padre non può contare sul soccorso degli ideali del discorso dominante, anche se questi ideali possono in una certa misura aiutarlo a sostenere la sua posizione.

È nella misura in cui un padre ha fatto di una donna l'oggetto causa del suo desiderio - potremmo dire, nella misura in cui ha accettato di confrontarsi con l'alterità esogamica portandovi una propria versione sintomatica. Così il padre reale è un modello della funzione paterna di sottomissione alla castrazione riuscita attraverso una invenzione.

Secondo questa nuova prospettiva lacaniana ciò che costituisce allora la funzione paterna è meno la sua capacità di dare un nome ed un senso alla rinuncia pulsionale, quanto quella di dare una testimonianza di come fare con questa rinuncia, come fare con il desiderio. Il padre reale mette il soggetto sulla via di un possibile trattamento del reale, avendolo annodato per mezzo di un sintomo. Si realizza un disaccoppiamento tra padre e norma - anche e soprattutto nel senso di conformismo alla normalità sociale di perdere di vista il padre come alfiere del significanti padroni. Perché

"Su qualsiasi piano il padre è colui che deve sbalordire la famiglia" Dice Lacan nel Seminario XIX°, "Ou Pire". (pag. 208). Ovvero la sua forza è nell'inventiva, nella creatività, nella singolarità del proprio sintomo, con il quale vive e dà testimonianza della propria sottomissione alla legge del desiderio.

Il padre come incarnazione della legge del desiderio conta più - quindi - per il suo lato di testimone/martire che per quello di maestro (maitre). Testimone di un desiderio che fa di una donna il suo oggetto. Quindi insegna con la testimonianza come fare con la sessualità in assenza di un istinto sessuale.

Ritengo che questo modo di pensare al padre porta alla possibilità di uno sguardo diverso sul mondo, sulle vicissitudini umane, su quel guazzabuglio che Lacan rileva come proprio dell'esistenza umana e che sembra esser una connotazione dell'evoluzione delle forme familiari di oggi.


[1] L. Pigozzi, Mio figlio mi adora, Nottetempo editore, 2016

[2] Lacan osserva che l'uccisione del padre orango dell'orda interdice la madre, mentre nel mito di edipo sembrerebbe che edipo appunto può godere della madre solo dopo l'uccisione del padre.

[3] Sidi Askofaré , Marie Jean Sauret, "La questione del padre: padre e sintomo"